A Milano si incontrano gli imprenditori sociali di tutto il mondo per il Social Enterprise World Forum. L’esperienza raccontata direttamente da Ludovica Flamini – Ufficio Progetti de la Formica
“Stiamo cercando di trasformare le cose, da come sono, a come dovrebbero essere.” Ruth & Amy Winslow
Da mercoledì 1 luglio a venerdì 3 luglio ho avuto l’enorme opportunità di prendere parte all’evento che ogni anno vede riunirsi gli imprenditori sociali di tutto il mondo. Il Social Enterprise World Forum si è svolto a Milano, tornando in Europa per la seconda volta, dopo la prima edizione che è avvenuta nel 2008 a Edimburgo. Quest’anno il tema conduttore di tutto il Forum è andato ad affiancarsi all’evento mondiale più famoso, quello dell’esposizione universale EXPO il cui titolo è “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”.
Da qui l’idea di “Growing a New Economy”, coltivare una nuova economia che porti a un nuovo livello di benessere per la società, che non può più essere calcolata secondo il PIL, e per questo motivo Michael Green ha inventato (e presentato per la prima volta in Italia) l’INDICE DI PROGRESSO SOCIALE che vuole dare una definizione di cosa sia una buona società, basandosi su tre dimensioni chiave: ognuno abbia beni primari (acqua, cibo, alloggi, sicurezza); ognuno abbia accesso alle strutture per il miglioramento delle proprie vite (istruzione, informazione, salute, ambiente sostenibile); ognuno abbia i mezzi per raggiungere i propri obiettivi e sogni (diritti, libertà di scelta, no discriminazione). Vengono calcolati i risultati tangibili e ottenuti, non quanto lo stato spende in sanità, ma la lunghezza e la qualità della vita. L’Italia si trova al 31° posto con punteggio di 77.38, e nonostante abbia un PIL pro capite di $34.431 a livello dell’Indice del Progresso Sociale viene superata da paesi come il Costa Rica che ha un PIL elevatamente più basso ($13.431).
Per quanto riguarda le esperienze che sono state illustrate, la maggior parte sono orientate a portare sollievo e risposte positive in quei luoghi e paesi ancora in via di sviluppo, dove si deve fare ancora molto nelle dimensioni del Social Progress Index.
Sophia Grinvalds che ha creato AfriPads, onde evitare l’abbandono scolastico e il mancato ingresso nel mondo lavorativo delle donne Ugandesi.
Katy & Amy Anslow hanno aperto nel 2013 HISBE (how it should be), un supermercato che a partire dal nome fa capire che è una realtà orientata verso le persone e ai loro bisogni, portando tra gli scaffali prodotti locali, di stagione, equo solidali e sani, tutto questo mantenendo prezzi assolutamente accessibili a tutte le fasce della popolazione britannica, anche le più svantaggiate.
In Canada invece nel 1995 è nata la Vancouver Farmers Market Society, un’associazione che ha dato vita ad un vivace mercato in cui tutti gli agricoltori della zona possono vendere i propri prodotti direttamente ai clienti, e connessa a questa società vi sono diverse realtà del mondo dell’ortofrutta: 1) GOOD FOOD BOX, che tramite gruppi di acquisto permette l’acquisto di ceste di vari formati e tipologia di frutta e verdura, sempre locali e fresche. 2) DIG (Durham Inner-city Gardeners) un programma all’interno dell’associazione SEEDS che vede coinvolti giovani ragazzi nella produzione di erbe aromatiche e fiori, da vendere durante I mercati. Oltre alla creazione di spazi dedicati ad attività per i bambini, dove poter scoprire il contatto con la natura e l’agricoltura. Seeds comprende due acri di terreno dove la comunità della città di Durham può andare a coltivare o a piantare fiori. 3)CAFF.ORG che collega i produttori agricoli direttamente con le scuole (tramite incontri con i bambini e ragazzi sull’educazione alimentare e sulla produzione agricola, e fornendo prodotti ortofrutticoli alle mense scolastiche) e con gli ospedali.
In questi tre giorni a Milano mi sono tuffata in diversi racconti sia di esperienze italiane, ma anche (e soprattutto) internazionali, in settori diversissimi tra loro (dall’agricoltura sostenibile alla salute delle donne in Africa, dall’energia rinnovabile alla commercializzazione di barrette di cioccolato) ma una cosa è chiara ed in comune che la strada della cooperazione sociale è l’unica che può condurre alla felicità condivisa.