operai a lavoroNel percorso di inserimento lavorativo è fondamentale la rete interna ed esterna che si crea intorno alla persona (dal Bilancio Sociale).

L’inserimento lavorativo per le persone svantaggiate è una strada lunga e faticosa. Ogni persona svantaggiata ha il suo peso da portare, e qualche volta ha un cumulo di pesi diversi. Ognuno deve  imparare a gestire la sua  vita guardando gli errori del passato. Spesso avere un lavoro non risolve tutti i problemi: fornisce un’occasione preziosa, che rappresenta solo l’inizio.

Una volta in cooperativa il lavoratore  deve prima di tutto ambientarsi in una vita che per lui è nuova, soprattutto se ha alle spalle un periodo passato in carcere o in comunità.  Si tratta di un compito non facile, per il quale è indispensabile armarsi di  pazienza, avendo ben chiaro l’obiettivo finale e il valore di  un risultato positivo che può arrivare  non solo per il lavoratore ma anche per la cooperativa e per tutta  la comunità. E’ difficile insegnare a chi è abituato al guadagno facile come sia più dignitoso un piccolo stipendio guadagnato onestamente, con un lavoro che richiede di alzarsi all’alba, maneggiare rifiuti e lavorare sulla strada con il caldo dell’estate e il freddo dell’inverno. E’ difficile insegnare a chi era abituato a lavori “elevati” ad accettare un lavoro faticoso con uno stipendio basso.  E’  difficile insegnare a chi è vissuto sull’oggi e subito l’abitudine a spendere solo i soldi che ha, a programmare le proprie spese, riconoscendo le priorità. E’ i difficile insegnare a chi è vissuto nell’abitudine di farsi giustizia da sé la comprensione dei momenti difficili altrui e l’importanza della pazienza.

Molte volte un inserimento che sembra ben avviato può avere ostacoli e rischiare di  fallire. Per questo i lavoratori vanno seguiti sin dal loro ingresso in cooperativa per aiutarli nel momento iniziale del lavoro, ma soprattutto quando si vedono arrivare le  difficoltà  nelle fasi successive. Riconoscerle tempestivamente è fondamentale: spesso sono i responsabili che avvisano di una situazione a rischio, qualche volta sono gli stessi compagni di lavoro che segnalano i momenti di fragilità;  questi avvisi non vanno mai ignorati. La chiave per andare avanti sta nella capacità del lavoratore di avere chiara consapevolezza della situazione che vive, di accorgersi per tempo del pericolo, e soprattutto nel coraggio di chiedere aiuto quando si ci rende conto che da soli è davvero difficile. Chi abita da solo infatti è più a rischio, perché un momento di tristezza o di euforia, se non fermato in tempo, può mettere a rischio i progressi che sono costati tanta fatica, riportando di nuovo la persona ai punti iniziali del suo percorso.

In questi venti anni di cooperazione, in Formica,  non ci sono solo storie a lieto fine ma  anche percorsi interrotti e progetti conclusi, “ ferite nella nostra memoria  che sanguinano ancora”, – sostiene Nicola Pastore –  Non faremmo bene il nostro lavoro se non fossimo capaci di sentire successi e insuccessi ‘come’ se fossero nostri: perché dentro i progetti di inserimento ci sono persone, e anche noi siamo persone. Spesso abbiamo visto con molto dispiacere allontanarsi dalla cooperativa, e finire chissà dove, persone che si erano impegnate in uno sforzo di riscatto, ma non erano riuscite a portare a termine il tentativo.. In questi anni di esperienze a volte dolorose abbiamo imparato molto. In particolare abbiamo capito che un inserimento non è mai al sicuro: in ogni momento possono riaffacciarsi vecchi problemi o sorgerne di nuovi. Ma se l’allarme è lanciato per tempo, – conclude il responsabile degli Inserimenti lavoartivi –  e intorno alla persona c’è una rete pronta a contrastare il pericolo, dentro e fuori della cooperativa, allora è possibile che il percorso iniziato possa andare avanti”.