Il modo con cui La Formica ha deciso quest’anno di festeggiare il suo compleanno è stato diverso dal solito. Un incontro sobrio fra soci e lavoratori, orientato principalmente al confronto, al dialogo e a mettere in luce alcune parole che sono state scelte come parole di senso in questo difficile momento.

Quattro termini ben precisi, ciascuno con un proprio significato legato al lavoro, opportunamente selezionati che hanno fatto da focus centrale per un confronto efficace e molto partecipato fra i soci della cooperativa. Le parole scelte –  ‘passione’, ‘gentilezza’, ‘cooperazione’  e ‘inclusione’ – non sono casuali ma inserite in un preciso contesto formativo, che i dirigenti hanno individuato dopo averne parlato fra di loro.  

Dopo un’iniziale momento assembleare in cui il presidente Pietro Borghini ha spiegato il senso del vedersi per  provare “a fermare le macchine, guardarsi negli occhi e parlarsi”, anticipando anche come si sarebbe svolto l’incontro, la parola è passata poi a Don Luigi Ricci che ha dato un senso anche storico a questi 26 anni di cooperazione sociale. Nessuno più di lui – che per primo ha  creduto ne La Formica motivando e sostenendo i soci fondatori –  avrebbe potuto fare la premessa più idonea per spiegare com’è nata la cooperativa, come si è evoluta e che direzione deve prendere adesso “che si è consolidata così tanto, diventando un punto di riferimento importante per la comunità riminese”. 

“Visto il clima che stiamo vivendo in questi giorni ci tengo a raccontarvi – ha ricordato Don Luigi Ricci – che la cooperativa è nata per un discorso diverso da quello della guerra. E’ nata infatti dagli obiettori di coscienza, un modo alternativo di servire la patria e i confini del nostro paese. Obiettori di coscienza che erano al servizio di tante forme di disagio: dalla povertà, agli anziani, agli immigrati, i disabili, i nomadi, che avevano il campo proprio qui a 2 passi dalla attuale sede. Quei ragazzi che avevano fatto queste esperienze forti, hanno poi sentito il bisogno di continuare ad impegnarsi. Un’altra forma di servizio, dopo l’obiezione di coscienza che ha dato vita a La Formica,  nata infatti proprio dai valori della Caritas diocesana. Ho un ricordo particolare di quei 9 ragazzi che si frequentavano e sognavano di costruire una realtà sociale, che probabilmente neanche loro immaginavano potesse diventare così com’é oggi.  L’augurio che mi sento di fare oggi alla cooperativa è quello di continuare in questa strada e di contagiare tanti altri con il suo sguardo di solidarietà. Abbiamo visto in questi anni che le imprese che hanno la forma di cooperazione sociali,  sono forse quelle più attente alle esigenze di lavoro, alle necessità dell’ambiente e a certi valori che ci stanno a cuore.”

Dai gruppi di lavoro, ciascuno su una parola scelta come tema di riflessione e confronto, sono emersi poi spunti e commenti davvero importanti, utili per una crescita personale ed una conoscenza reciproca. Un modo diverso e più proficuo per aprirsi a nuovi metodi organizzativi di lavoro, rinnovare la propria disponibilità e ripensare ad un nuovo approccio verso chi – tutti i giorni – svolge lo stesso lavoro.  

“Un metodo – ha dichiarato il presidente Pietro Borghini – quello del confronto a piccoli gruppi che ci ha  aiutato ancora una volta a superare le differenze di età, di storia di nazionalità, consentendo di metterci in gioco personalmente e portare ciascuno il proprio contributo.  Credo sia questo lo spirito giusto per rafforzare la cooperativa.  Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a costruire questo percorso, un lavoro che adesso non andrà disperso ma che deve continuare anche nel prossimo futuro per far crescere ancora la cooperativa e fare in modo che possa continuare ad aiutare altre persone.”

e.v.