Capelli corti, area sicura e cordiale, un sorriso attraverso gli occhiali da vista, anche se la mascherina nasconde la bocca. Quando ci incontriamo in cooperativa, Daniel conferma la sensazione che mi ha dato al telefono: preciso, puntuale, disponibile. Un incontro che lui stesso ha chiesto, per condividere la sua storia, “affinché diventi un’esperienza che possa servire anche ad altri”. Nessun timore, nessuna incertezza. Quel coraggio di mettersi a nudo, che possiede solo chi sa di essere rinato.
Quante volte abbiamo sentito declinare le forme diverse o i modi in cui il lavoro restituisce dignità ed è capace di ricostruire una persona? Tante. Eppure ogni volta è diverso. E’ stato così anche per Daniel, 33 anni, riminese dalla nascita, programmatore di software ed esperto di sistemi informatici, che adesso fa l’operaio specializzato del settore Igiene Ambientale. Un lavoro con il quale è riuscito a riprende in mano la sua vita, dopo un’esperienza negativa.
Entrambi saliamo sul camion della raccolta differenziata, lui alla guida, io nel posto del passeggero. E’ un intervista itinerante per le vie della città, mentre mi mostra fiero, in che modo si svolge il suo lavoro. “Non ne ho mai fatta una, tanto meno su di un camion” – rompe il silenzio, senza imbarazzo. Mentre guida mi fa notare che non si occupa solo di spazzamento, ma anche della pulizia delle strade con l’idro-pulitrice, il servizio di sanificazione delle piazze e dei monumenti del centro storico. “Non ho una zona fissa, con il mio turno, do il cambio ai miei colleghi, coprendo il riposo settimanale di tutti. Questa è la mia città e conosco bene tutte le vie e le zone che ci assegnano per i servizi di pulizia.” Mentre racconta mi fa capire che sono le stesse vie che percorreva in bici da bambino, dove poi, più tardi, si è ‘perso’, alla ricerca di ‘scorciatoie’, facendo scelte sbagliate. Scelte che lo hanno fatto allontanare dalla scuola, nonostante i risultati brillanti, per le quali ha rinunciato al diploma da programmatore informatico, un lavoro che sa fare bene e per il quale è ancora molto appassionato.
“Si è vero spesso si dice la colpa è delle cattive compagnie, ma a dire il vero – ricorda Daniel – avevo subito il fascino di vivere sempre una vita al massimo, sfrenata, notturna, senza limiti ne valori. Ho vissuto molto superficialmente e questo mi ha portato anche a circondarmi di cose inutili. Poi è arrivata la cocaina.” Una dipendenza che porta gradualmente Daniel a lasciare prima gli studi, poi la famiglia ed in fine a lasciare Rimini per vivere a Forlì, Cesena, Bologna, Vicenza e persino in Svezia, dove si ferma per ben due anni. Una dipendenza che lo porta a buttare via i migliori anni della sua vita fino quando non riesce ad alzare lo sguardo.
“Mi accorgevo che quello che facevo non mi dava nessuna soddisfazione vera, non serviva a costruire nulla per il mio futuro, anzi mi stava distruggendo. Con grande fatica sono riuscito a chiedere aiuto. Ho capito che era un problema che non riuscivo a risolvere da solo.” L’aiuto gli arriva dalla ‘Comunità Papa Giovanni XXIII’ nella quale fa il suo percorso terapeutico, riuscendo a compiere il primo passo per smettere. Poi arrivano anche i passi successivi, rimanendo nella comunità come volontario per oltre 2 anni. Un’esperienza che travolge positivamente la sua vita più della stessa terapia, in quanto lo fa sentire utile e importante. Questo è il periodo in cui ritrova se stesso.
Scatta, a questo punto della sua vita, il meccanismo sociale che anche a Rimini funziona e che – di nuovo – riesce a costruite intorno a chi è in difficoltà, il mosaico della solidarietà. Sert, assistenti sociali, comunità terapeutica, cooperazione sociale: una rete di sostegno, capace di unire privati e istituzioni, attraverso la quale si rimette in moto tutto. La seconda possibilità. Sono le assistenti sociali, con cui Daniel è frequentemente in contatto, che gli fanno la proposta: “c’è una cooperativa sociale che può aiutarti con un lavoro.” Arriva un primo contratto di lavoro part time e a tempo determinato, ma il ragazzo è sveglio e molto intelligente e viene notato subito dai responsabili che gli danno in poco tempo altri incarichi. Cresce rapidamente fino ad avere un contratto indeterminato che gli da sicurezza e stabilità. “Hanno continuato a darmi mansioni sempre più delicate, responsabili e questo mi ha gratificato molto. Il fatto di lavorare sempre in squadra, con un gruppo di lavoro con cui relazionarmi, mi ha aiutato molto a tenere la testa impegnata. Mi hanno affidato lo spazzamento del centro storico che è un settore importante perché sempre a contatto con le persone e le attività commerciali. Rimini dipende dal turismo ed è quindi importante curare bene la pulizia delle strade.”
Daniel continua a guidare e di tanto in tanto si ferma per raccogliere i sacchetti d’immondizia che qualcuno ancora lascia sopra ai bidoni. “Purtroppo c’è ancora qualcuno che deve imparare a fare la differenziata” – commenta scocciato, mentre con scopa e paletta, pulisce introno al bidone le carte che sono cadute. Gli chiedo se è stato sempre lontano dal lavoro e se gli manca in qualche modo l’informatica. “Si ho fatto il barista per diverse volte, a Rimini e anche in Svezia, per mantenermi, ma la mia passione rimane la gestione dei sistemi informatici o scrivere programmi, dove riesco a esprimere tutta la mia creatività. Lo faccio ancora, a casa, per amici, appena ho un po di tempo libero. E’ una cosa che mi riesce facilmente. Ma devo dire che, con il tempo, ho capito l’importanza dei lavori manuali, cioè lavori che mi fanno uscire di casa e non mi tengono chiuso davanti ad uno schermo per ore. Forse anche questa è stata una delle cause dei miei problemi, essermi chiuso troppo in me stesso, solo con i miei computer. Da quando ho scoperto questo lavoro in cooperativa, devo dire che mi sono trasformato. Mi piace molto perché comunque sono sempre in giro, cambio zona, parlo con le persone, le giornate mi passano molto più veloci e non me ne accorgo. Mi stanco, é vero, ma in maniera diversa, non come fare la stessa cosa tutti i giorni. E’ un lavoro che non mi annoia.”
Lo aspetto mentre, con destrezza, svuota nel cassone del camion, un bidone che ha preso dal retro di un ristorante, il titolare lo ringrazia alzando la mano e lui risponde con un cenno del capo coperto dalla mascherina. Gli chiedo se ha ancora contatti con le assistenti sociali e se rappresentano ancora un sostegno di cui ha bisogno. “Sì ci vado a parlare, perché mi danno sempre una carica psicologica emotiva. Decido io quando andare e gli racconto un po’ come sto e come va il lavoro. Mi hanno spronato molto e sono rimaste molto contente di come sono riuscito ad integrarmi in cooperativa, anche per la determinazione con cui lavoro.” Un impegno che Daniel ha messo anche nella propria vita privata in quanto spiega – “da quando sono ritornato a Rimini, con la mia ragazza, ho deciso di fare sul serio, partendo dal lavoro, per costruire qualcosa anche di più importante.”
Sorride quando gli chiedo che cosa pensa, oppure casa direbbe ai ragazzi che stanno vivendo ora il suo problema di dipendenza e che spesso incontra nelle vie che si trova a pulire. “E’ una situazione molto strana per me. Mi capita a volte di pulire delle zone della città, che sono state anche i ‘luoghi bui’ del mio passato, di incontrare persone senza dimora, che vivono quei problemi e di pulire anche i loro rifiuti. Vedo che hanno quasi paura di me mentre spazzo, oppure svuoto un bidone. E’ un tipo di paura che conosco. Li guardo con grande comprensione, gli vorrei dire – lascia stare, fermati, non farti altro male. E’ possibile uscirne, guarda me – Ma io so bene che non funziona così, ci sono degli stadi di crescita graduali, da cui passare e nessuno può aiutarti, più di te stesso. Sei tu che devi fare il primo passo e scegliere il cambiamento. Puoi farti 3000 comunità o 3000 lavori, ma se non sei tu che scegli veramente, non ne esci. Partendo da lì puoi concentrarti sulle tue capacità e diventare un’altra persona.”
Intanto che parliamo ci accorgiamo che siamo quasi arrivati al deposito dei mezzi dove Daniel, prima di parcheggiare si ricorda che deve fare il pieno di carburate. Scendiamo entrambi dal camion e nel rientrare a piedi gli faccio i complimenti per la sua serietà e la determinazione che mi ha trasmesso in queste ore. Gli chiedo che ruolo ha avuto il lavoro in questa determinazione e se è consapevole del fatto che adesso ha anche una responsabilità verso i più giovani che entrano in cooperativa. “Il lavoro mi ha aiutato tantissimo, nel senso che mi dà delle soddisfazioni, perché sento che contribuisco a tenere più pulita Rimini, che é la mia città nativa. La stanchezza fisica che ho quando arrivo a casa la sera mi rende positivo e fiero. Credo sia questo pensiero, quello che ti salva da certe situazioni difficili, ciò che è necessario trasmettere a chi ha bisogno di un inserimento lavorativo. Una responsabilità che ho già avuto in comunità e anche qui in cooperativa, se serve, sono pronto ad assumermi.”
Un messaggio che Daniel riesce a trasmettere anche solo a guardarlo lavorare e che adesso intende continuare a trasmettere diventando anche socio della cooperativa. La richiesta l’ha già presentata, appena gli hanno spiegato qual’é la mission aziendale: “restituire dignità alle persone in difficoltà attraverso il lavoro”. Esattamente quello che è successo a lui.
Emiliano Violante