Successivamente alla notizia della ricerca nazionale promossa dall’Università di Siena sui “Vissuti fragili al tempo del coronavirus”, a cui La Formica ha aderito nel mese di aprile su sollecitazione delle Rete 14 luglio, la settimana scorsa la dott.ssa Giulia Bertozzi, addetta agli inserimenti Lavorativi della cooperativa che ha condotto l’indagine sul campione riminese, è stata intervistata nella Trasmissione “Come se fosse facile” per approfondire il tema affrontato nella ricerca.
L’indagine, come è stato detto già nel precedente articolo, ha tra i suoi obbiettivi quello di indagare su quanto questo periodo di quarantena e isolamento abbia influito negativamente sulle persone più fragili. Paure come la solitudine o l’incertezza per il futuro, pesano sulla vita di tutte le persone, ma in particolare su quelle più fragili, che spesso hanno meno mezzi a disposizione per reagire di fronte all’isolamento. Riportiamo una parte dell’intervista fatta a Giulia Bertozzi durante la trasmissione andata in onda venerdì 22 maggio su Icaro TV (canale 91), visionarie anche al seguente link : https://youtu.be/oj_9tfHtkuI .
Giulia, partirei chiedendoti un po’ se ci racconti il valore di questo progetto, quali sono le sue implicazioni sociali e gli obbiettivi che si pone.
Questo progetto ha previsto la partecipazione di diverse cooperative sparse su tutto il territorio nazionale. L’indagine sociologica, che ha 2 obbiettivi principali, da un lato ci ha permesso di avere un ampio spettro di come sono i vissuti delle persone considerate fragili in un contesto storico sicuramente difficile, dall’altro ha permesso di condividere tra le cooperative delle linee guida utili a capire meglio future strategie, per stare sempre più vicino ai lavoratori. Direi che su entrambi i lati ha avuto due riscontri positivi.
Scendendo un po più nel particolare, ti sei occupata anche di fare una serie di di telefonate. In Formica sono state 22 le persone che sono rimaste a casa con le quali ti sei sentita. Cosa è emerso da queste telefonate?
L’indagine aveva degli item che riguardavano principalmente le preoccupazioni che la persona in quel momento stava vivendo, così come anche i sentimenti di ansia o di rabbia, rispetto ai decreti che stavano uscendo. Una reazione che è stata vissuta in modo diversificato a seconda delle persone. Ci sono stati dei cambiamenti relativi alle abitudini, perché ovvio che persone abituate a lavorare tutti i giorni, o comunque quasi tutti i giorni, all’improvviso si sono ritrovate ad avere tantissimo tempo a disposizione. Sicuramente tutto questo ha richiesto un riadattamento della propria vita privata e ciò che è emerso, non è stato tanto il fatto che il contesto, dettato appunto dal coronavirus, abbia permesso l’arrivo di nuove difficoltà, ma probabilmente è stata un po’ la scintilla che ha portato ad amplificare dei problemi, che già erano presenti nel lavoratore. Spesso il lavoro è anche una forma di distrazione rispetto a tutto ciò che noi percepiamo come più difficoltoso nella nostra vita, quindi il rimanere in casa, anche obbligatoriamente cioè non come scelta, limitando completamente anche le relazioni sociali, ha portato ad una maggiore riflessione. A volte questa riflessione è stata un po’ complicata.
Quale sarà adesso l’utilizzo di questi dati?
Da un punto di vista delle singole cooperative i dati saranno anche un’importante punto di partenza anche per un confronto, è questo lo si deve proprio alla ‘Rete 14 luglio’ e alla sua capacità di crescere insieme tra le cooperative. La possibilità di confrontare i risultati ottenuti dalle singole cooperative con il resto delle altre cooperative nel territorio nazionale, sarà sicuramente un punto di partenza per La Formica. Una riflessione, magari di attuazione di nuove strategie o comunque di nuovi comportamenti, che verranno utili al miglioramento della vita dei lavoratori stessi e sicuramente, nel complesso i risultati, trattandosi di un’intervista semi strutturata, potranno essere visti da un punto di vista sociologico anche per fare un’analisi qualitativa.
Come accennavi prima la quarantena causata dal coronavirus ci ha costretto tutti un po’ in casa, ed è stato anche un momento per fare emergere le fragilità, che spesso sono insite sia nel mondo del lavoro che nella vita privata. Ci sono stati quindi in questa fase anche dei riscontri positivi ? cioè in un certo senso possiamo parlare di un acceleratore per quanto riguarda la presa di coscienza di certe problematiche che affliggono sia l’ambito professionale ma la società in genere?
Noi come cooperativa avevamo già attivato un percorso di vicinanza ai lavoratori, programmando appunto telefonate per conoscere la loro situazione. Il progetto dell’indagine dei vissuti al tempo del coronavirus, si è un po’ unito a ciò che era già stato un intervento pensato da parte della cooperativa. In generale, posso dire si. Telefonando ai lavoratori quest’aspetto è emerso e c’é stata una riflessione non solo dal punto di vista negativo, rispetto a quanto sia difficile in questo momento, ma quanto anche sia stato utile per molti avere un punto di ripartenza. Una visione positiva rispetto a quello che sarà il futuro, essendo la ricerca fatta in aprile, possiamo dire che quel futuro è diventato un po’ il nostro presente. Le intenzioni le ho sentite molto positive e molti lavoratori non si sono concentrati solo sui loro punti di debolezza, ma anche sui loro punti di forza e questo è stato molto piacevole da ascoltare. Quindi io spero che alla ripartenza, tutti loro si ricordino sfruttino quella forza per la nuova fase.
Per concludere quali possono essere gli spunti sia anche per il mondo della cooperazione che per quello del terzo settore, quali possono essere gli spunti diciamo per migliorare o correggere in futuro alcune criticità che adesso affliggono sia il mondo del lavoro che quello della cooperazione, partendo dall’analisi di quello che è successo in questi mesi?
La cooperativa ha sempre messo in primo piano questo aspetto sociale, nonostante questo l’importanza di stare vicino ai lavoratori con le telefonate è stata molto apprezzata. Prendersi del tempo per ascoltarli aiuta la cooperativa stessa a partire proprio dai loro bisogni rispetto ai comportamenti che devono essere attuati. Direi che l’ascolto e la vicinanza abbiano un’importanza fondamentale, un aspetto da rinnovare ed estendere a più livelli. Una cosa che inizia a migliorare, sin da subito, la percezione stessa del lavoratore nei confronti del suo contesto lavorativo.
Concentrandoci su quello che è il tuo ruolo all’interno de La Formica, come sono stati questi mesi e come sarà secondo te il futuro
Questi mesi hanno visto sicuramente un cambiamento della gestione del lavoro, nel senso che nei periodi più intensi molte colleghe, come me, sono state in smart working. Ora stiamo un po’ riprendendo la vita di tutti i giorni e sicuramente questo ripristinare delle relazioni con modalità diverse, ha portato delle modifiche. Sicuramente c’è una comunicazione che è cambiata e direi anche aumentata, perché se prima le attività lavorative erano ben strutturate e divise, ora si cerca di avere una misura di insieme un pò più ampia. Ci stiamo riadattando al fine che gli obbiettivi vengano raggiunti anche se magari in modalità diverse
Sono molto fiera di lavorare all’interno di questa cooperativa perché ho visto un impegno anche da parte delle figure dirigenziali come il presidente, il direttore, a stare a passo con questa difficoltà e mai un desiderio anche di arrendersi, perché capisco che le difficoltà possano portarci a fare un passo indietro. Invece ho visto una grande energia, una gran carica, una gran voglia di fare e anche di riorganizzarsi e quindi sono stata anch’io un po’ trascinata da questa energia.