“I vissuti al tempo del coronavirus” è un’indagine messa a punto da un gruppo di ricerca del Laboratorio sulle disuguaglianze dell’Università di Siena. Il progetto è finalizzato a raccogliere elementi di carattere conoscitivo utili per un’indagine sociologica su preoccupazioni, paure, atteggiamenti, scoperte, positive o negative, riferite ai “vissuti al tempo del coronavirus”. Ne abbiamo parlato con Giovanni Iozzi della cooperativa Arcobaleno di Torino, ideatore di questo lavoro.
Com’è nata l’dea di quest’indagine e come si è concretizza la collaborazione con l’Università di Siena per attuare questo progetto?
Vengo dal mondo della ricerca, conosco bene quel dipartimento con cui ho collaborato in passato per altri tipi di studi sui temi sociali come l’immigrazione, l’inclusione sociale ecc. Mi è sembrato naturale proporre a loro quest’indagine perché credo che il nostro lavoro di cooperatori, le nostre preziose informazioni che custodiamo come imprenditori del sociale, debbano essere anche messe a disposizione del mondo scientifico universitario, affinché possa essere letto, interpretato e in qualche modo raccontato al meglio. In questo caso ci siamo messi solo al servizio del Prof.re Bezzi, per offrire al suo dipartimento i nostri dati di conoscenza per arrivare ad una lettura che abbia un valore scientifico per i ricercatori che lavorano già su questi temi sociali.
Quali sono gli obiettivi che vi siete posti o che vorreste raggiungere con questo lavoro?
Noi cooperatori sociali, siamo posizionati in una estremità degli equilibri sociali, uno spaccato particolare delle nostre comunità, dove emergono fragilità particolari e situazioni limite. Credo che questo ci dia un punto di conoscenza prezioso, direi quasi unico da poter offrire appunto alla scienza, alla sociologia per essere osservato raccontato ed analizzato. Uno sguardo reale sulle difficoltà dovute alla mancanza di un’occupazione lavorativa, che trasforma la vita di tutti in modo particolare per i più debili. Risultati che possano tornare utili per aiutare ad interpretare e spiegare le difficoltà dei nostri colleghi, anche in questa stagione così drammatica per tutti e per loro forse anche di più. L’idea più che altro è far a capire ai legislatori in qualche modo che esistiamo, con quanta fatica facciamo fronte sia alle situazioni ordinarie, che soprattutto a quelle straordinarie come questa, Oltre a dare un contributo, come cooperative sociali di riferimento lavorativo, anche alla conoscenza scientifica
Come è stata attuata la strategia del questionario? Chi sono i destinatari e chi avete deciso di coinvolgere per l’indagine?
Il lavoro non è finanziato da nessuno, se non dalle stesse cooperative, quindi siamo partiti dall’idea che quasi tutte le cooperative della Rete 14 Luglio potessero mettere la propria struttura e i propri dati a disposizione, poi ci sono anche altre realtà cooperative esterne, che hanno aderito anche dalla toscana. Le modalità sono semplici, un questionario on line raggiungibile su una pagina web, gestito dal dipartimento dell’università di Siena che però è stato somministrato via telefono da un referente di ogni impresa sociale che ha aderito. Una modalità semplice ma che garantisce il massimo contatto umano in questi particolari momenti dove è necessario mantenere i legami com le persone che stanno a casa. Telefonate oppure collegamenti in video chiamata con i lavoratori che, costretti a casa, avrebbero potuto sentirsi isolati e lontani dalla propria azienda, dal propio lavoro che per tanti di loro è l’unico modo per riscattare il proprio disagio. Abbiamo pensato di standardizzare delle domande che ci permettessero di fare una rilevazione omogenea per tutti. La proposta di coinvolgere la “Rete 14 Luglio” è stata accolta. Hanno aderito all’iniziativa oltre la metà delle cooperative, poi l’università, che ha trovato subito interessante quest’indagine, ha pensato di allargare il campione ad altre imprese sociali della Regione Toscana.
Che tipo id analisi verrà fatta dal risultato emerso?
Il questionario é semi strutturato le risposte vengano incluse in una forma standard, ma a risposte chiuse, per cui questo ci permette di fare una elaborazione statistica anche di tipo quantitativo. L’università ha deciso di mettere a confronto il risultato emerso, con un campione di controllo fatto su soggetti non fragili ma appartenenti a categorie tutelate. Credo sia una cosa molto interessante che mette in luce ancora una volta la specificità e la funzione delle nostre cooperative sociali , in prima linea sul fronte dell’inclusione. In questo periodo ad analizzare la situazione, si stanno scatenando soprattutto i medici, poi si stanno attivando anche gli psicologi e questa indagine si propone propio di essere uno dei primi osservatori di carattere sociologico. Una condivisione che ci vede protagonisti nella condivisione di informazioni che ci riguardano e che sarà bello condividere per ragionare insieme sui risultati.
Emiliano Violante