Le donne in viaggio del progetto di EducAid passano anche in via portogallo per incontrare i lavoratori di Formica e New Horizon
Curiosità, voglia di fare nuove esperienze, desiderio di confrontarsi e raccontare la propria storia. Conoscere le persone e le buone prassi della cooperazione sociale. Era un’entusiasmo contagioso quello che trasmettevano gli occhi delle ragazze palestinesi del progetto “Donne in viaggio oltre le barriere della disabilità”, che dal 20 al 26 febbraio scorso hanno visitato l’Italia facendo base a Rimini. Un interesse genuino che emergeva anche dalle tante domande fatte, dai racconti delle storie personali, dalla voglia di mettersi in gioco per conoscere e ampliare la propria capacità imprenditoriale, in una logica di crescita e responsabilizzazione.
Giunta alla sua seconda edizione, la coinvolgente iniziativa organizzazione dalla ONG riminese EducAid, ha portato a Rimini un dibattito di livello internazionale su temi importanti come l’esclusione delle donne dalla vita sociale, la disabilità, l’impresa, l’innovazione sociale, l’inclusione e il senso dell’accessibilità in un territorio difficile come quello palestinese. L’occasione è stata quella della visita di una delegazione di donne palestinesi coinvolte all’interno di due progetti che EducAid sta portando avanti già da qualche anno: “Particip-Action” realizzato in Cisgiordania e “Lavoriamo Tutte” realizzato nella Striscia di Gaza, entrambi con l’obiettivo di rafforzare il ruolo ed il coordinamento a livello nazionale delle organizzazioni di persone con disabilità palestinesi, promuoverne l’empowerment socio-economico e l’inserimento lavorativo.
Una settimana densa d’incontri, dall’Innovation Square di Rimini, a Santarcanegleo di Romagna, dal Comune di Ravenna al Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna fino al Polo delle Scienze Sociali dell’Università di Firenze e alla Camera dei Deputati, dove le ragazze hanno avuto una conferenza su “Politiche e Pratiche inclusive per le donne con disabilità nella cooperazione internazionale”. Conferenze, incontri, confronti, cene di raccolta fondi. Iniziative, organizzate assieme alla RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), tutte volte all’approfondimento di temi connessi alla cooperazione internazionale quali lo sviluppo inclusivo, l’accessibilità, l’impresa e l’innovazione sociale come strumenti di inclusione per le persone con disabilità.
L’incontro con i cooperatori de la Formica e de la New Horizon è stato uno dei momenti centrali di tutta la settimana. Prima nella sala riunioni della sede di via portogallo, per un efficace racconto delle proprie realtà sociali, dove è stato presentato anche il progetto Valemour, poi nel laboratorio protetto al piano terra dove operavano i ragazzi disabili. E’ stato insieme a loro, che le ragazze palestinesi, hanno provato a realizzare i lavori su cui gli operatori erano impegnati, mettendosi concretamente, gomito a gomito, intorno al tavolo di lavoro. Un incrocio di mani, sguardi di comprensione e gesti dimostrativi, che neanche la traduzione dall’arabo all’italiano è stata necessaria a completare un così perfetto scambio di esperienze. Le imprenditrici palestinesi si sono riconosciute ampiamente nelle due imprese sociali riminesi che le hanno ospitate, perché hanno visto il proprio tentativo di costruire intorno alle persone disabili un tessuto sociale che rafforza le proprie capacità e la propria determinazione con servizi e opportunità di lavoro necessarie per raggiungere l’inclusione. Lo stesso obiettivo che anche loro, nel difficile territorio da cui provengono, cercano di attuare, mettendo in campo tutte le capacità e le risorse che hanno a disposizione.
Ma è anche un contesto culturale molto difficile quello in cui operano le ‘donne in viaggio’ di EdicAid. Un quadro complicato emerso chiaramente anche nell’interessante dibattito della trasmissione ‘Come se fosse facile’, registrata negli spazi dell’Invoation Square, ai margini della conferenza “Donne in viaggio oltre le barriere della disabilità”. Alla trasmissione, condotta da Stefano Rossini che, con la redazione di Riminisocial 2.0, ha seguito per tutto il giorno la delegazione palestinese, erano presenti: Francesca Manzoni, Luca Ricciardi, Francesca Annetti di EducAid.it, Gianpiero Griffo presidente Rids, Reem Taher coordinatrice di Aswat, Nareman Hwaihi Coordinatrice del Social Development Forum.
Un momento di confronto efficace da cui emerge un chiaro cambio di paradigma: non più l’attesa di un’assistenza che cala dall’alto, ma un impegno attivo da parte di chi vive la situazione di disagio, che in qualche modo, si mette in gioco in un processo di empowerement. Ciò si traduce perfettamente nel motto della RIDS “Niente su di noi senza di noi”, cioè l’idea che possano essere solo le persone con disabilità a decidere del loro futuro e che qualsiasi intervento o azione nei loro confronti li coinvolga in prima persona.
“Si tratta di un approccio innovativo per la cooperazione internazionale – sottolinea Giampiero Griffo – fin ora questi temi erano stati seguiti dalle ONG che si occupano di disabilità e cooperazione internazionale, ma dopo l’approvazione della convenzione, che è uno standard internazionale sui diritti delle persone con disabilità, abbiamo costituito in Italia la RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo) un’organizzazione formata da AIFO, DPI, EducAid e FISH. Lo spirito è proprio quello del nostro motto, cioè ogni volta che si decide qualcosa che ha a vedere con la vita delle persone con disabilità, queste devono essere protagoniste e devono essere consultate. La RIDS è semplicemente questo cioè il tentativo di trasformare un visione tradizionale dove le persone con disabilità, non sono più etichettate come da assistere o dipendenti ma come cittadini attivi che, da un lato devono essere sostenute e dall’altro devono mettersi in gioco in prima persona per costruire le proprie opportunità. In questi anni questo approccio è diventato anche l’approccio delle Nazioni Unite. Tra le persone più vulnerabili e discriminate ci sono le donne con disabilità. Per questo esiste un articolo specifico su questo tema nella convenzione che hanno approvato ben 89 paesi. L’Italia è uno dei primi paesi che ha adottato un piano d’azione, sostenuto e finanziato dal Ministero. La RIDS opera contemporaneamente su tanti fronti della disuguaglianza, ma il tema delle donne con disabilità è uno dei più importanti perché sono soggette a molte discriminazioni in quanto hanno difficoltà ad avere accesso ai servizi socio sanitari di base. Il tema non si limita solo a questo, ma riguarda anche la sfera del lavoro e dell’educazione. I dati dell’UNICEF ad esempio evidenziano che su tre donne con disabilità solo una ha accesso all’istruzione.
In Palestina – conclude il presidente della RIDS – noi facciamo proprio questo. Diamo un sostegno alla presa di coscienza che si trasformi in responsabilizzazione ed emancipazione, come ad esempio è avvenuto con la ricerca emancipatoria sulle condizioni della disabilità, realizzata in una maniera del tutto innovativa dalle stesse donne disabili, su temi come le barriere, le discriminazioni e l’esclusione. Un lavoro sulle condizioni della disabilità, concettualmente nuovo, che non esiste neanche in Europa e nei paesi più sviluppati perché interessati solo alla sfera medico-sanitaria della disabilità e non a quella socio-culturale”.
L’impegno di EducAid in West Bank e nella striscia di Gaza, sotto questo profilo è davvero straordinario, lo hanno ricordato anche Francesca Manzoni, Luca Ricciardi e Francesca Annetti, mettendo in evidenza quanto si stia facendo dal punto di vista dell’inclusione socio economica delle donne con disabilità in quei territori dove la sola idea di barriera architettonica spesso é concettualmente sconosciuta. L’inclusione che arriva solo attraverso il lavoro è l’idea fissa, alla base di tutti i progetti di formazione, come il progetto “Lavorimo tutte”, realizzato nella Striscia di Gaza che ha visto coinvolte due donne, prima nella formazione personale e poi nell’assistenza e nella promozione di aiuto nei confronti di altre donne disabili o che hanno figli disabili e che vengono seguite ad esempio nell’apertura di piccole attività imprenditoriali.
Centrali sono state le parole delle protagoniste del viaggio tra cui Rids, Reem Taher, coordinatrice di Aswat e Nareman Hwaihi Coordinatrice del Social Development Forum. Entrambe entusiaste di questa esperienza, nonostante il viaggio sia stato lungo e difficile da organizzare e alcune di loro non sono riuscite ad ottenere il visto per uscire dalla Palestina. Emozionate e grate a EducAid che le ha messe in contatto con un mondo che non è tanto distante dal loro, in cui si sono riconosciute. Consapevoli e lucide nel loro racconto in cui hanno messo in evidenza le difficoltà incontrate soprattutto all’inizio nei primi contatti con le mamme dei bambini disabili per farle emergere dalla chiusura in cui si stavano isolando e convincendole a venir fuori, mettere in atto i loro diritti di assistenza, comprendere che, anche con una disabilità, è possibile fare una vita dignitosa e avere accesso a tutti i servizi, oppure aprire una piccola attività imprenditoriale.
Insomma un vero viaggio oltre le barriere della disabilità che non sono solo quelle degli ostacoli fisici, ma più spesso quelle concettuali che vivono dentro lo stereotipo e dentro lo stigma. Gli stessi pregiudizi che anche nel nostro civilizzato paese sono la medesima causa di disuguaglianza e discriminazione. Chi sa anche a quanti di noi avrebbe fatto bene fare un simile viaggio di emancipazione.
Violante Emiliano